Komainu<\/em> che protegge l’entrata di un santuario in Hokkaido \u23aa Foto di Joachim Ducos<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\nI sacerdoti e le sacerdotesse nei santuari<\/h3>\n\n\n\n Vagando per l’arcipelago giapponese, ho capito che il modo pi\u00f9 semplice per capire se mi trovavo in un tempio o in un santuario era guardare i sacerdoti e le sacerdotesse che si prendevano cura di questi luoghi sacri. I sacerdoti che lavorano nei santuari sono chiamati kannushi <\/em>(\u795e\u4e3b) o shinshoku<\/em> (\u795e\u8077), e di solito indossano un copricapo specifico a seconda del loro abito, mentre i monaci buddhisti sono a capo scoperto.<\/p>\n\n\n\n
Un sacerdote durante una cerimonia religiosa \u23aa Foto di Todd Fong<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\nCome riconoscere un tempio buddhista?<\/h2>\n\n\n\n I templi giapponesi, invece, si chiamano tera<\/em><\/strong> (\u5bfa), termine talvolta preceduto dal prefisso onorifico “o<\/em>” in segno di rispetto, una formula regolarmente usata nella lingua giapponese. Un altro appellativo \u00e8 ji<\/em> <\/strong>(stesso kanji). C’\u00e8 un altro kanji che funge da suffisso per designare un tempio, cio\u00e8 in<\/em><\/strong> (\u9662). Ne deriva quindi che lo Hozan-ji (\u5b9d\u5c71\u5bfa) a Nara, lo Yoshimine-dera (\u5584\u5cef\u5bfa) a Kyoto e il Nanzo-in (\u5357\u8535\u9662) a Fukuoka sono tutti e tre templi, anche se con tre suffissi diversi.<\/p>\n\n\n\n
Il tempio Kofoku-ji a Nara \u23aa Foto di Joachim Ducos<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\nManji<\/em>: il pi\u00f9 importante simbolo religioso del buddhismo<\/h3>\n\n\n\nUna cosa fondamentale da sapere per gli occidentali che non hanno familiarit\u00e0 con la religione buddhista \u00e8 che il manji <\/em><\/strong>(\u534d) \u00e8 uno dei simboli religiosi pi\u00f9 importanti del buddhismo<\/strong>. Viaggiando in Giappone ne incontrerete molte rappresentazioni, sia all’interno dei templi che sulle mappe, dove indicano la presenza di un tempio.<\/p>\n\n\n\nSi tratta di un simbolo antichissimo<\/strong>, anche se la sua versione rovesciata, chiamata gyaku manji<\/em> (gyaku<\/em>, \u9006, significa infatti “invertito” o “rovescio”) \u00e8 stata purtroppo ripresa dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Non ci sar\u00e0 nulla di strano, quindi, nell’incontrare regolarmente questo simbolo durante le vostre visite nei luoghi sacri.<\/p>\n\n\n\n
Manji<\/em> in cima a una statua in un tempio nel centro di Osaka \u23aa Photo di Ga\u00ebl<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\nR\u014dmon<\/em> e s\u014dmon<\/em>: i portali principali del tempio<\/h3>\n\n\n\nAll’entrata di un tempio si trovano il r\u014dmon<\/em> (\u697c\u9580), <\/strong>“portale della torre”, e il s\u014dmon<\/em> (\u7dcf\u9580),<\/strong> “portale principale”, che fungono da porte per entrare nel perimetro sacro del luogo di culto. <\/p>\n\n\n\n
Il r\u014dmon <\/em>all’ingresso di un tempio a Tokyo\u23aa Foto di Joachim Ducos<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\n