Il butoh (舞踏) è un’ammaliante forma di danza giapponese, che colpisce chi la vede per la prima volta con la sua natura profondamente surreale e il suo essere cruda e anti-estetica. Emersa nel Giappone del dopoguerra, questa danza d’avanguardia sfida la semplice categorizzazione. Trae la sua forza dalla bellezza che sorge dall’oscurità e dalla bruttezza. La sua semplicità minimalista nasconde una profonda complessità e la rende una manifestazione artistica unica, che sfida le nozioni convenzionali di bellezza e performance.
Il butoh è una forma d’arte estrema e viscerale che invita a esplorare profondità emotive raramente toccate dalla danza tradizionale. È totalmente comprensibile trovarsi in difficoltà nel seguirne un’esibizione nella sua interezza, perché ogni performance diventa un incontro personale con il profondo e l’inquietante. Ma allora, cos’è che rende il butoh così affascinante?
Il butoh, una nuova forma di espressione
Il Giappone del secondo dopoguerra è stato caratterizzato da un intenso disordine sociale e culturale. L’impatto della guerra e la successiva occupazione americana portarono a profondi cambiamenti nella società giapponese: un’ondata di occidentalizzazione e modernizzazione che secondo molti erodeva i valori culturali tradizionali. In questo contesto di incertezza e trasformazione, gli artisti iniziarono a esplorare nuove forme di espressione che potessero racchiudere sia il loro trauma personale e nazionale, sia le loro speranze di rinascita.
È in questo contesto che Tatsumi Hijikata (1928-1986) arriva a dar vita al butoh. Questo influente danzatore nasce ad Akita e si trasferisce a Tokyo con il sogno di diventare un ballerino. Impara la danza classica, il jazz e il flamenco, ma ben presto si sente insoddisfatto dalle limitazioni e inizia a sperimentare un proprio stile.
Fare luce su argomenti tabù
Non ci vuole molto perché inizi ad attirare l’attenzione. Le prime opere di Hijikata sono provocatorie e controverse, caratterizzate da movimenti insoliti e da temi ispirati ad aspetti oscuri e tabù dell’esistenza umana. La sua performance Kinjiki (Colori proibiti) del 1959, che rappresenta l’erotismo omosessuale, viene spesso citata come la prima performance butoh, una sfida esplosiva alle norme e all’estetica vigenti.
Hijikata da un lato cercava di liberarsi dalle eccessive influenze occidentali, ma dall’altro fu fortemente influenzato dallo scrittore francese Jean Genet, noto per le sue opere incentrate sulla miseria e sui margini della società, nonché per il suo approccio poetico al teatro. Genet ha ispirato le scelte estetiche e tematiche rivoluzionarie di Hijikata nel butoh, nel suo tentativo di evidenziare ed elevare gli elementi emarginati della società e della psiche umana.
Allo stesso tempo, il titolo del debutto di Hijikata è un riferimento diretto alle opere di Yukio Mishima e al suo omonimo romanzo. Temi come il conflitto tra i valori tradizionali giapponesi e le idee occidentali, e l’ossessione di Mishima per la bellezza, l’erotismo e la morte coinvolgevano Hijikata, che da parte sua stava mettendo a punto una forma di danza che indagava idee simili.
Tuttavia, il butoh non sarebbe ciò che è oggi senza un’altra figura fondamentale, quella di Kazuo Ohno (1906-2010). Dopo aver vissuto in prima persona gli orrori della guerra, Ohno incontra Hijikata e aderisce subito al butoh, contribuendo da lì in poi al suo sviluppo. Il suo approccio è più lirico e surreale, si concentra sulla trasformazione e la redenzione attraverso la danza. I suoi spettacoli esploravano spesso i temi della memoria, del genere e della resurrezione, in netto ma complementare contrasto con lo stile più provocatore di Hijikata.
Fondamenti filosofici e artistici: qual è il significato del butoh?
Il butoh trascende dunque i tipici movimenti della danza e diventa un mezzo per esplorare questioni filosofiche più profonde riguardo alla vita, alla morte, alla disperazione e all’assurdità dell’esperienza umana. Il modo strano, spesso caotico e contorto, con cui i ballerini usano il corpo è un modo per esprimere emozioni e stati d’animo complessi.
È proprio la sua natura cruda e profondamente personale che rende questa danza così difficile da classificare. In generale, però, un aspetto chiave facilmente identificabile è lo stile visivo che consiste nell’esibirsi con il corpo dipinto di bianco, eseguendo movimenti lenti e ipercontrollati. Altro aspetto rilevante è l’improvvisazione, che permette ai danzatori di esplorare profondità fisiche ed emotive.
Il butoh è profondamente giapponese, ma le tematiche umane sono di interesse universale. Il suo approccio rivoluzionario risiede nel metodo con cui vengono affrontati questi temi. Il butoh rimuove i vincoli narrativi e la bellezza convenzionale, spingendo il pubblico a confrontarsi direttamente con emozioni crude e spesso sgradevoli. In questo modo, il butoh sfida spettatori e artisti a ripensare i confini dell’arte e la natura dell’espressione umana.
L’impatto culturale internazionale e lo stato attuale del butoh
Il pubblico occidentale si è ben presto innamorato del butoh. L’esplorazione visiva e tematica dell’oscurità, del grottesco e del surreale è un allontanamento davvero radicale dalle forme spesso più raffinate ed esteticamente gradevoli dell’arte performativa occidentale, come il balletto classico. Tuttavia, l’intensa espressione emotiva e la vulnerabilità mostrate nelle esibizioni di butoh possono essere profondamente commoventi. Questa esposizione cruda e non filtrata delle emozioni umane parla al pubblico a prescindere dal suo background culturale.
D’altra parte, l’approccio minimalista del butoh, focalizzato su movimenti lenti e deliberati piuttosto che su coreografie elaborate, sottolinea l’espressività di ogni gesto. Molti ritengono che, per un pubblico abituato a spettacoli più dinamici e veloci, questo approccio nuovo permetta di entrare in uno stato meditativo che è meno comune sperimentare nella danza occidentale.
Unito al frequente coinvolgimento in profonde questioni filosofiche ed esistenziali, il risultato è una forma di teatro stimolante sia intellettualmente che emotivamente. Per il pubblico occidentale, rappresenta una lente unica attraverso la quale addentrarsi in problematiche umane universali, agevolati dalla natura non verbale e globalmente accessibile della danza.
Sarebbe tuttavia ipocrita ignorare il fascino esotico di interagire con una forma culturale che è profondamente radicata nella storia del Giappone, ma parla di esperienze universali. Per il pubblico occidentale, si tratta di un’esperienza culturale che offre uno sguardo sulle espressioni artistiche giapponesi, fondendo l’insolito con l’universale. Chissà, magari creando uno spazio in cui esplorare le emozioni umane profonde e le domande esistenziali attraverso una forma artistica che è distintamente giapponese ma ampiamente accessibile.
Il riconoscimento in patria, con un piccolo aiuto dall’esterno
La nascita del butoh ha sfidato sia le arti tradizionali giapponesi che le maggiori influenze occidentali sulla cultura giapponese. Per questo motivo, all’inizio ha incontrato una forte resistenza. L’obiettivo iniziale era quello di creare qualcosa di unicamente giapponese, che riflettesse l’esperienza del dopoguerra. Tuttavia, come per molti movimenti d’avanguardia, sono stati l’accoglienza e il plauso all’estero a fare da traino per un più ampio riconoscimento in Giappone.
Ovviamente, il butoh in Giappone non è l’unico esempio del fenomeno per cui prodotti o movimenti culturali acquistano prestigio e riconoscimento nel proprio Paese d’origine solo dopo il successo a livello internazionale. Ma è interessante notare come questo caso specifico, date le origini del butoh, rifletta una complessa interazione tra identità nazionale, valore culturale e riconoscimento globale.
Il successo internazionale del butoh non solo ha evidenziato il suo fascino universale e i suoi meriti artistici, ma ha anche incoraggiato una rivalutazione di questa forma d’arte in Giappone, portando a una maggiore accettazione e apprezzamento del suo approccio innovativo alla danza e all’arte performativa. L’approvazione esterna ha giocato un ruolo chiave nel modificare la percezione e nell’aumentare la legittimità del butoh all’interno delle comunità culturali e artistiche giapponesi.
Il butoh contemporaneo in Giappone
Vi state chiedendo dove vedere il butoh in Giappone? Fortunatamente, la scena contemporanea del butoh rimane vivace, con diverse figure di rilievo che hanno portato questa forma d’arte verso nuove direzioni, basandosi sul lavoro fondativo di Hijikata e Ohno. Ecco alcune delle figure più importanti del butoh negli ultimi tempi.
Yoshito Ohno Fino alla sua recente morte, avvenuta nel 2020, ha portato avanti l’eredità del padre, Kazuo Ohno, mantenendo vivi gli aspetti tradizionali del butoh e al contempo esplorando nuovi territori. Si è esibito spesso e si è dedicato anche all’insegnamento, fornendo un collegamento tra i praticanti originali e la nuova generazione di danzatori.
Dairakudakan Questa compagnia di butoh, guidata da Akaji Maro, è un gruppo fondamentale e molto influente. Fondata nel 1972, la Dairakudakan produce lavori collettivi su larga scala, drammatici e spesso pervasi di un senso del fantastico o del surreale. Il lavoro di Maro è di tipo teatrale, con scenografie e costumi elaborati, e le sue performance spesso incorporano elementi della mitologia e del folklore giapponese.
Sankai Juku Lo scomparso Ushio Amagatsu ha fondato nel 1975 il Sankai Juku, oggi una delle compagnie butoh più rinomate a livello internazionale. Il lavoro di Amagatsu è noto per le sue performance poetiche e visivamente sorprendenti, che spesso esplorano temi universali di vita, morte e rinascita. Sankai Juku si esibisce in tutto il mondo, portando il butoh al pubblico globale con uno stile che enfatizza la bellezza e la trascendenza.
Min Tanaka Sebbene si sia allontanato dalla famiglia del butoh pur rimanendo un danzatore d’avanguardia, in passato era legato al butoh di Hijikata. Il suo approccio all’arte prevede un concetto da lui chiamato “clima del corpo”, che esplora la relazione tra il corpo e l’ambiente. Nelle sue performance, spesso tenute all’aperto, dà enfasi al rigore fisico e alla connessione con i paesaggi naturali, utilizzando l’ambiente come parte integrante della sua espressione. Tanaka appare anche come ballerino senzatetto nell’acclamato film di Wim Wenders Perfect Days, interamente ambientato a Tokyo.
È affascinante vedere come il butoh si sia evoluto dall’essere una specifica risposta culturale fino al diventare una forma di espressione artistica versatile e riconosciuta a livello mondiale. La sua adattabilità e profondità gli hanno permesso di rimanere rilevante nell’ambito delle arti contemporanee, continuando a mettere alla prova e ispirare il pubblico di tutto il mondo.
Tradotto da Stefania Da Pont