La cultura di un paese si riflette nella sua lingua e nelle sue espressioni. Sebbene sia possibile tradurre la maggior parte delle parole di una lingua straniera, a volte il loro significato non è identico o ha una sfumatura completamente diversa. Conoscere i codici di una lingua è molto importante per comunicare e comprendere meglio il funzionamento di una società. In questo articolo, esamineremo il termine “matane” e i modi per dirsi “arrivederci” in giapponese.
Cosa significa “matane” in giapponese?
Matane (またね) significa “ci vediamo dopo”, “ci vediamo presto“. Questa espressione è composta da “mata” che significa “ancora” e dal suffisso “ne” che serve ad attirare l’attenzione del parlante, e che potrebbe essere tradotto come “giusto?” o “vero?”. Questa espressione appartenente al registro colloquiale è usata comunemente con familiari, amici e conoscenti. Non viene però utilizzata nel contesto lavorativo, che richiede l’uso di un linguaggio più formale e delle forme cortesi del cosiddetto registro keigo. Per salutare qualcuno prima di allontanarsi si può anche usare solamente “mata”. Per renderlo ancora più breve, ci si può lasciare anche con un semplice “jaa ne”, che somiglia a un “ciao”. Se volete esprimere l’idea di rivedere presto il vostro interlocutore, potete anche dire “ci vediamo domani” che si traduce in giapponese come mata ashita (また明日). Qui, come in “matane”, troviamo “mata” associato ad “ashita” che significa “domani”; una formula, quindi, che si avvicina molto a una traduzione letterale della versione italiana.
Come si dice “arrivederci” in giapponese?
La parola più famosa per dire “arrivederci” in giapponese è “sayonara” ed è questa che spesso impariamo ai corsi di giapponese. Fa parte del registro cortese e viene insegnata ai bambini che la ripetono al loro insegnante alla fine di ogni giornata. Eppure sayōnara (さようなら) sarebbe più vicina al nostro “addio”, comunicando l’idea che non rivedremo mai più il nostro interlocutore. L’espressione “sayonara” si è evoluta nel tempo. In passato si diceva sayonaraba (左様ならば), che potremmo tradurre letteralmente come “se le cose stanno così”: suona piuttosto forte e solenne, no? Ma non temete, se dite “sayonara” ai giapponesi, non ve ne faranno una colpa visto che siete stranieri.
Dato che stiamo parlando dei modi per dirsi “arrivederci” in giapponese, ho un piccolo aneddoto a riguardo. Durante il mio primo soggiorno in Giappone, da buona cliente dicevo sempre “sayonara” quando uscivo da un negozio dopo aver pagato. Solo alcuni giorni dopo un amico mi ha detto che in Giappone non si saluta così quando si esce, ma semplicemente ringraziando con “arigato gozaimasu”.
D’altra parte, nel mondo del lavoro giapponese, né “sayonara” né “matane” sono apprezzati. In questo contesto bisogna utilizzare il keigo, il linguaggio onorifico. Pertanto, quando ci si allontana dal luogo di lavoro è giusto dire “otsukaresama”, che esprime un ringraziamento ai colleghi per il lavoro svolto durante la giornata, sottointendendo “arrivederci”.
Sono importanti i saluti nella cultura giapponese?
Innanzitutto, è utile sapere che quando ci si incontra durante la giornata ci si saluta in due modi diversi: con “Ohayo gozaimasu” al mattino (“buongiorno”) e “konnichiwa” nel pomeriggio (simile a un “salve”).
Come in tutte le lingue, i saluti sono forme basilari di cortesia, considerate fin dalla tenera età come segni di rispetto che consentono la comunicazione con gli altri. Inoltre, ai bambini viene insegnato a scuola a dire “ohayou gozaimasu” a voce squillante, un rituale che caratterizza la vita scolastica, fin dalla prima ora di lezione. Quindi sì, ritengo che nella cultura giapponese i saluti siano importanti. Oggi diverse parole inglesi sono entrate a far parte della lingua giapponese, per esempio non è raro sentire i giapponesi dire “bye bye”. Quindi se durante il vostro soggiorno non vi ricordate come dire “arrivederci” in giapponese, andrà bene anche l’inglese!
In conclusione, come nella lingua di Dante, il giapponese ha diversi modi di dire “arrivederci”, che dipendono dalla persona con cui si parla e quindi dal livello di cortesia da usare. La lingua giapponese è ricca di sfumature di questo tipo, soprattutto per non risultare troppo diretti. Questo vale soprattutto per scusarsi, per dire “ti amo” o semplicemente per dire sì o no.
Detto ciò, matane!
Traduzione di Irene Burricco