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Shinjuku Ni-chome: il vivace cuore LGBTQ di Tokyo

FEATURED LGBTQ Tokyo Vita notturna

Come molte grandi città nel mondo, anche Tokyo ospita una scena LGBTQ ricca, dinamica e variegata. Si stima che circa il 9,7% della popolazione giapponese si identifichi come queer, ovvero oltre 1,3 milioni di persone, molte delle quali trovano nella capitale – e nei suoi storici quartieri gay – una vera e propria “casa nella casa”.

Una breve storia dei quartieri gay di Tokyo

Anche se i locali LGBTQ sono sparsi un po’ ovunque in città, la comunità si concentra soprattutto in cinque quartieri storici: Ueno, Shinbashi, Ikebukuro, Asakusa e il più grande di tutti, Shinjuku Ni-chome. Ueno e Asakusa sono i più antichi: già durante il periodo Edo (1600-1868), erano noti come luoghi di ritrovo per uomini gay e sex workers, in un’epoca in cui l’omosessualità maschile era definita danshoku o nanshoku.

Gli altri quartieri si sono sviluppati negli anni ’50 e ’60, quando l’industria dell’intrattenimento sessuale (mizu-shobai) e la nightlife LGBTQ giapponese ebbero un’impennata grazie alla presenza delle truppe americane. Ni-chome in particolare nacque come distretto a luci rosse per etero, ma dopo la Legge per la prevenzione della prostituzione del 1956, che ne causò lo svuotamento, divenne un nuovo spazio per la comunità gay.

In tutte le grandi città giapponesi, questi quartieri gay hanno avuto un ruolo centrale come luoghi sicuri e di socializzazione per persone queer. Negli anni, si sono evoluti anche in aree commerciali LGBTQ, offrendo servizi e spazi dedicati: negozi di DVD, cinema underground, saune per incontri e hotel per coppie omosessuali. Come raccontato nel libro Queer Voices from Japan di Mark McLelland, Katsuhiko Suganuma e James Welker, quartieri come Ni-chome sono stati teatro di importanti momenti di attivismo e solidarietà: nel 1976, la rivista Barazoku aprì uno sportello di ascolto per giovani gay; nel 1986, si tenne la prima veglia a lume di candela per le vittime dell’AIDS.

Negli ultimi anni, Tokyo ha visto nascere sempre più spazi dedicati alla comunità gay, lesbica e transgender, segno di una crescente accettazione delle identità queer. Allo stesso tempo, è aumentato anche il numero di bar nei cinque quartieri storici. Nel suo saggio Lifestyles in the Gay Bars, pubblicato nel volume Queer Voices from Japan, Kazuhiko Kabiya racconta che nel 1955 a Ueno esisteva un solo bar gay, mentre oggi se ne contano circa un centinaio. Alcuni quartieri, come Ueno e Asakusa, offrono un’atmosfera più tranquilla e attraggono una clientela più adulta. È così che molti membri della comunità LGBTQ di Tokyo si spostano da una zona all’altra nel corso della vita, contribuendo a dare nuova linfa a questi quartieri storici.

Cosa rende speciale Shinjuku Ni-chome

Shinjuku Ni-chome occupa appena cinque isolati, ma con i suoi oltre 400 piccoli bar LGBTQ, è diventato il più grande quartiere gay di tutta l’Asia, oltre che il più denso al mondo. Sebbene sia ancora presente un lato legato al sesso a pagamento, oggi Ni-chome è soprattutto un luogo di socialità queer a tutto tondo: qui si viene per uscire, ballare, conoscere nuove persone, o godersi uno spettacolo drag.

Ma ciò che rende davvero speciale Ni-chome non è la sua estensione o il numero di locali, bensì la sua straordinaria diversità. A differenza di altri quartieri gay, quasi sempre incentrati sul pubblico maschile, qui c’è spazio per chiunque. Dai leggendari bar lesbo e per sole donne come Gold Finger e Dorobune, al celebre Campy! Bar gestito da drag queen, fino ai club come New Sazae e a locali più internazionali come Eagle Tokyo Blue, AiiRO, Alamas Cafe e AiSOTOPE Lounge. Questi locali, facili da trovare e accessibili, si concentrano lungo le strade principali del quartiere, in superficie, dove si raduna un pubblico giovane e internazionale. Pur con alcune tendenze demografiche (per esempio Arty Farty è frequentato da studentə poco più che ventenni) e occasionali serate riservate a soli uomini o sole donne, la maggior parte di questi luoghi accoglie persone di ogni genere e orientamento.

  • Dorobune Lesbian bar


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−7−3 ヴェラハイツ新宿御苑 205
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  • Campy! Bar


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−13−10 1F
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  • New Sazae


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−18−5 新宿石川ビル 2階
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Ma sotto la superficie, esiste un’altra Ni-chome: centinaia di micro-bar, spesso grandi quanto una stanza, con sì e no una decina di posti a sedere. Più ci si addentra nei vicoli del quartiere, più questi locali diventano piccoli ed esclusivi. In genere, si rivolgono a una clientela locale che parla il giapponese e sono frequentati perlopiù da qualche decina di habitué: spesso, si entra solo su presentazione. Inoltre, molti bar sono specifici per tipo di clientela: per esempio, solo uomini gay dall’aspetto mascolino, oppure solo persone appassionate di BDSM.

  • ALAMAS CAFE


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−12−1 Garnet, 1F
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  • EAGLE TOKYO BLUE


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−11−2 1階、地下1階
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  • AiSOTOPE LOUNGE


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  • Japan, 〒160-0022 Tokyo, Shinjuku City, Shinjuku, 2-chōme−12−16 セントフォービル 1F
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È comunque possibile vivere l’atmosfera di Ni-chome senza nemmeno entrare in un bar. Ogni weekend, buona parte della vita sociale del quartiere si sposta in strada: persone che fanno una pausa dopo ore in discoteca, o che sorseggiano drink comprati al konbini, si ritrovano a chiacchierare sui marciapiedi o agli angoli dei vicoli. Insieme alla varietà dei suoi locali, questi spazi informali creano un’occasione unica: permettono a tutte le anime della comunità LGBTQ di incontrarsi e mescolarsi.

Come vivere al meglio Shinjuku Ni-chome

La cosa più importante da ricordare quando si visita Shinjuku Ni-chome (o qualsiasi quartiere gay, del resto) è farlo con rispetto, mente aperta e un pizzico di buon senso. L’orario ideale per arrivare è intorno alle 21 o 22, o anche più tardi, quando la zona comincia davvero ad animarsi. Se è la prima volta, meglio iniziare dai locali e club lungo le strade principali, quelli che accolgono apertamente anche facce nuove, ed evitare di entrare in locali più piccoli e appartati frequentati quasi esclusivamente da habitué. Evitate di trattare chi frequenta il quartiere come uno spettacolo o un’attrazione da fotografare senza consenso o da fissare con sguardi indiscreti. Occhio anche a borse e portafogli, soprattutto quando la serata si fa più vivace e movimentata.

Entrare in una comunità completamente nuova può far paura, ma per chi fa parte della comunità LGBTQ, stringere legami locali può essere un’esperienza che cambia la vita. Parlando del suo rapporto con Ni-chome, Don Cortez (residente di lungo corso in Giappone e autoproclamato “Sindaco di Ni-chome”) racconta: “Quando avevo vent’anni, Ni-chome era un modo per entrare in contatto con persone che altrimenti non avrei mai incontrato. Un posto in cui fare incontri in modo semplice, in un ambiente in cui mi sentivo a mio agio. Era comodo anche perché molte persone qui [in Giappone] non hanno la possibilità di invitare gente a casa.”

“Oggi è un modo per restare in contatto con tante personalità di talento che qui si fanno conoscere… è uno spazio di comunità, un luogo in cui mantenere relazioni e amicizie, cosa sempre più importante man mano che si invecchia… Uno spazio sicuro dove essere sé stessə, e lasciarsi andare.”

Cortez frequenta anche altri quartieri gay oltre a Shinjuku Ni-chome, come ad esempio il Townhouse a Shimbashi (“dove la clientela è fatta di uomini in giacca e cravatta”) o il locale Proud Second a Nakano. Con l’esperienza, riesce a muoversi facilmente in questi ambienti più piccoli e a chiacchierare con la clientela e con i baristi, ma mette in guardia chi è alla prima visita: meglio andarci in compagnia di persone che conoscono già la zona.

Un’altra voce legata a Ni-chome è quella di Yuna Sun, bartender del bar lesbo Gold Finger. Nata in Giappone ma cresciuta a Hong Kong, Sun è tornata nel paese solo pochi anni fa. Dopo un anno dietro il bancone del Gold Finger, dice di sentire quel locale come casa; un rifugio in un Giappone che le è sembrato ancora fortemente eteronormativo.

  • BAR GOLD FINGER


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  • 2-chōme-12-11 Shinjuku, Shinjuku City, Tokyo 160-0022, Japan
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“Questa comunità lesbica e di Ni-chome mi ha dato molto più di quanto io potrei mai restituire”, mi racconta. “Perciò, quando mi è capitata l’opportunità di lavorare dietro al bancone e proteggere le altre persone gay e non binarie, l’ho colta al volo.”

Per Sun, Cortez e migliaia di altre persone queer a Tokyo, di ogni nazionalità, orientamento e identità di genere, Ni-chome è casa. “Qui c’è la famiglia che ho scelto”, dice Sun. “A volte è un po’ caotico, ma è accogliente e caloroso. Anche in estate, gli abbracci qui non ti soffocano.”

Foto: Michael Troy Judd

Tradotto da Anna Toccoli


Questo articolo è stato pubblicato in FEATURED, LGBTQ, Tokyo, Vita notturna e taggato da Kat Joplin. Aggiungi ai preferiti il permalink.

Kat Joplin

Giornalista freelance, scrivo per Voyapon e per altre pubblicazioni come The Japan Times, Gay Community News (Ireland), Gay Times e QueerAF. Buona parte del mio lavoro riguarda la cultura e la comunità queer in Asia orientale, ma amo anche scrivere di cibo, salute e umorismo autobiografico.

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