Skip to main content

Avete mai sentito parlare di un teatro delle marionette in cui i burattinai sono pienamente visibili al pubblico? Nei Paesi Occidentali i burattinai vengono nascosti e resi parte delle rappresentazioni solo parzialmente. In Giappone non è così: il teatro giapponese delle marionette è chiamato bunraku e immerge gli spettatori in una nuova magica realtà. I burattinai si muovono come ombre dietro le loro marionette, manovrandole con una tale destrezza da far sembrare quasi che prendano vita.

Fin da piccola ho sempre amato l’arte dei burattini: nella cittadina in cui sono cresciuta, ogni estate ammiravo incantata la figura di Pulcinella e le sue buffe storie. Potete quindi immaginare quanto sia stata incuriosita dal bunraku quando ne ho scoperto l’esistenza. È un tipo di teatro dalle caratteristiche molto particolari, diverse da quelle a cui ero abituata, destinato sicuramente a un pubblico più adulto, e che mi ha affascinata a tal punto da sceglierlo come argomento di tesi per la mia laurea triennale. Non vi ho ancora convinti? Scopriamo insieme cosa lo rende così speciale!

Cos’è il Bunraku?

Il bunraku (文楽) è un tipico spettacolo dei burattini nato in Giappone alla fine del XVI secolo e caratterizzato dalla combinazione di tre arti già presenti nel Paese: la manipolazione dei burattini, l’accompagnamento dello shamisen e la forma di recitazione detta joruri. Il bunraku è nato con il termine di ningyo jōruri (人形浄瑠璃) e nel 2003 è stato dichiarato parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.

Le origini e la storia del Bunraku

Inizialmente il bunraku era composto dal joruri e dalla manipolazione dei burattini, mentre successivamente venne aggiunto l’elemento musicale.

Rara stampa raffigurante una performance di tokiwazubushi (uno stile di joruri usato nel kabuki) nel ningyo joruri, Bunchu1747, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

I primi burattinai, l’isola di Awaji e la città di Nishinomiya

La forma più antica del joruri risale ai tempi della nascita della civiltà giapponese, quando giovani donne recitavano preghiere nei santuari shintoisti animando bambole rudimentali. Nel VII secolo arrivarono in Giappone molti burattinai provenienti dall’Asia, chiamati kairaishi o kugutsumawashi, i quali secoli più tardi si stabilirono in alcuni luoghi che divennero memorabili per il joruri: il villaggio di Sanjo, sull’isola Awaji, e la città di Nishinomiya, situate entrambe nella prefettura di Hyogo.

L’isola di Awaji è definita dai giapponesi come la culla del teatro dei burattini e i suoi abitanti ne sono ancora altamente orgogliosi. Qui sono presenti quattro compagnie di burattinai, i cui membri sono semplici commercianti, contadini e pescatori. La compagnia più nota è guidata da un’anziana donna conosciuta con il nome d’arte di Ichimura Rokunojo. A Nishinomiya, invece, è possibile visitare un piccolo santuario dedicato alla divinità dei burattini: Dokumbo Hyakudayu.

La recitazione del joruri nel XV secolo

La recitazione del joruri era già presente nel Giappone del XV secolo, quando musicisti e menestrelli intrattenevano il pubblico narrando racconti di vario genere. Il più rappresentativo era il Joruri junidan zoshi (la cui suddivisione in dodici sezioni dà il titolo all’opera), scritto da Otsu Ono: è la storia d’amore tra Minamoto no Yoshitsune e la bellissima principessa Joruri.

Dal 1590 il Joruri junidan zoshi divenne sempre più famoso tra i repertori dei narratori di Kyoto, i quali incominciarono ad accompagnarne la recitazione con uno strumento musicale denominato biwa (琵琶), un liuto piriforme a manico corto.

Il termine joruri non si riferì più solamente alla principessa della storia, ma divenne rappresentativo di questa originale forma di declamazione.

Durante il XV secolo, inoltre, l’imperatore in ritiro Go-Yozei invitò i burattinai di Awaji e di Nishinomiya a Kyoto per rappresentare i testi del joruri attraverso il teatro delle marionette. Da grande appassionato di arte, suggerì che non ci sarebbe stato modo migliore che combinare le due arti per esprimere appieno i sentimenti del joruri.

In seguito alla sostituzione del biwa con lo shamisen, uno strumento musicale a tre corde, le tre arti vennero finalmente combinate e nacque il bunraku così come lo conosciamo oggi.

Il Bunraku nella città di Edo e il Kinpira Joruri

Il bunraku nacque a Kyoto, ma è nella città di Edo (oggi Tokyo) che progredì grazie al narratore Satsuma Jōun (1595-1672). Egli fu famoso per il suo stile di esecuzione e per i suoi racconti di avventura ed eroismo caratterizzati dalla violenza, in accordo con i gusti dei samurai della capitale. L’eroe principale delle sue storie era Kinpira, da cui deriva il genere del Kinpira Joruri.

Il Bunraku nel XVI secolo e la fondazione del teatro Takemoto-za

Fino al 1680 si parla principalmente di ko-joruri, ovvero di un joruri antico in cui le figure centrali erano i narratori. Gli anni ’80 furono invece l’inizio di un periodo florido grazie alla fondazione del teatro Takemoto-za a Osaka nel 1684, ad opera del narratore Gidayu Takemoto.

A questo evento seguì il sodalizio con due grandi artisti: Monzaemon Chikamatsu, il più grande drammaturgo della storia del Giappone (originariamente consacrato al kabuki) grazie al quale il Takemoto-za divenne famoso tra Osaka e Kyoto, e Hachirobei Tatsumatsu, un burattinaio di estrema abilità, soprattutto con le marionette di genere femminile.

La prima collaborazione tra Gidayu e Chikamatsu fu l’opera Shusse Kagekiyo (“Kagekiyo il vittorioso”), che segna la fine del ko-joruri e l’inizio di un nuovo periodo: lo shin-joruri, chiamato anche Gidayu-joruri. Lo stile di narrazione di Gidayu, infatti, divenne talmente popolare che oggi il suo nome simboleggia ancora il joruri.

Al burattinaio Tatsumatu si deve un’altra importante innovazione, proprio una delle caratteristiche che più mi hanno incuriosita del bunraku: nel 1703 egli rappresentò l’opera Sonezaki Shinju (Gli amanti suicidi di Sonezaki) portando i manovratori “a vista” del pubblico.

Rappresentazione dell’opera Sonezaki Shinju, 1827. 瀬川如皐, Public domain, via Wikimedia Commons

La fondazione del Toyotake-za e la competizione con il Takemoto-za

Nel luglio dello stesso anno, Toyotake Wakatayu (discepolo di Gidayu) fondò un nuovo teatro, il Toyotake-za, il quale divenne un potente rivale del Takemoto-za. La competizione portò all’introduzione di molteplici innovazioni e miglioramenti nel teatro delle marionette, tra cui l’uso di tre manovratori per un solo fantoccio di dimensioni più grandi. Anche il pubblico divenne sempre più esigente, richiedendo che venissero utilizzati dei burattini più convincenti.

Il fallimento del Toyotake-za e del Takemoto-za

Il drammaturgo Chikamatsu si dedicò soprattutto alla stesura di opere per il joruri, ma molte di queste vennero riadattate per il kabuki che le rese nettamente più famose. Gli spettatori, infatti, furono rapiti dalle nuove tecniche e dai nuovi costumi messi in atto dal kabuki, al punto tale che si arrivò ad un declino del joruri, al fallimento delle due principali compagnie e alla chiusura dei rispettivi teatri.

L’influenza del Bunraku-za

Nei primi anni del XIX secolo, Uemura Bunrakuken, originario dell’isola di Awaji, riuscì a ridestare l’interesse del pubblico nipponico verso il joruri grazie alla fondazione di un nuovo teatro a Osaka. Anche dopo la sua morte, nel 1810, l’arte e le tradizioni di Bunrakuken continuarono ad essere tramandate dal figlio adottivo e dai suoi discendenti.

Nel 1811 il teatro fu riposizionato vicino al santuario di Inari a Osaka e nel 1872 venne nuovamente spostato a Matsushima, la zona più occidentale di Osaka. Da allora venne denominato Bunraku-za e il termine bunraku cominciò a rappresentare la varietà d’intrattenimento tipica di Bunrakuken.

Durante il periodo Meiji (1868 – 1912) il bunraku visse un periodo di grande prosperità grazie agli eredi di Bunrakuken. Tuttavia, nel 1909 iniziò nuovamente un lento declino, quando Uemura Daisuke, ultimo proprietario del Bunraku-za, perse il suo capitale e fu costretto a vendere il teatro alla Compagnia Shochiku.

Prove di messa in scena al teatro Bunraku-za di Osaka nel 1902, Bunraku Geijutu vol. 13, November 1943, by Bunraku-sha, Public domain, via Wikimedia Commons

Nonostante la nuova Compagnia che prese le redini del Bunraku-za vantasse anche artisti di un certo calibro, si vociferava che ormai il bunraku avesse i giorni contati. Fu così che, nel 1933, la Dieta nazionale del Giappone riconobbe il bunraku come tesoro culturale nazionale, nel tentativo di nobilitare quest’arte.

Durante la seconda guerra mondiale (1945) il joruri subì un altro grave danno, quando i raid aerei distrussero quasi completamente ciò che restava del Bunraku-za e dei suoi preziosi burattini. La sua ricostruzione avvenne nel 1956 nel distretto di Dotonbori.

Il Bunraku dopo la seconda guerra mondiale

Dopo la guerra il bunraku attirò l’interesse del pubblico occidentale, tanto che nel 1962 una troupe di ventotto membri si esibì a Seattle, Vancouver e Los Angeles. Gli spettacoli, però, attiravano ancora poche persone, probabilmente perché veniva utilizzata una lingua antica più di duecento anni. Nel 1963 la Compagnia Shochiku venne sostituta da una nuova associazione non-profit, la Bunraku Kyokai. Per cercare di attirare più sguardi sul bunraku, la Bunraku Kyokai introdusse una serie di novità, come gli adattamenti di opere occidentali e di teatro no e kabuki, ma nessuna venne introdotta ufficialmente nel repertorio e il pubblico continuò a preferire le opere tradizionali.

Fotografia di scena del Teatro dei burattini di Hitomiza al Terzo Festival internazionale delle Marionette di Barcellona. Pilar Aymerich i Puig, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Tuttavia, nonostante nel 1900 il bunraku abbia dovuto subire numerose difficoltà, è sempre rimasto parte integrante della cultura del popolo giapponese.

Il Bunraku oggi

Oggi l’interesse del pubblico verso il bunraku non è più tale da permettere agli artisti di guadagnarsi da vivere solo attraverso quest’arte, costringendoli a dedicarvisi solo saltuariamente o come passatempo.

In un mondo in costante cambiamento e in cui la tecnologia ha preso il sopravvento, ci sarà un futuro per il teatro giapponese delle marionette?

Spettacolo di Bunraku al Gion Corner
Rappresentazione di uno spettacolo di bunraku al Gion Corner. Foto: Clémentine Cintré

Ormai gli artisti di grande fama stanno invecchiando e le nuove generazioni non sono molto disposte a seguire una dura disciplina di trent’anni di apprendistato e difficoltà economiche all’orizzonte. Finora il bunraku è riuscito a mantenere viva la sua tradizione, ma se i giovani d’oggi scoprissero la vera magia che si cela dietro quest’arte, se ne potrebbe inaugurare una nuova florida epoca.

Le caratteristiche dei burattini

I burattini (kugutsu傀儡) hanno una grandezza quasi umana: sono alti circa 120-150 cm e pesano fino a oltre 10 kg. Sono formati da un corpo principale (un’asse di legno con una fessura per mantenere la testa) sul quale sono applicate delle cinghie di stoffa per creare la forma delle spalle e per attaccare le braccia e le gambe. La testa e gli arti superiori e inferiori sono separati dal busto e possono essere facilmente sostituiti.

La testa

La testa (kashira頭) viene costruita con legno di cipresso dell’area di Nagoya, ideale perché leggero ma robusto. Al suo interno sono presenti vari meccanismi che permettono di muovere le sopracciglia, gli occhi e la bocca, e in alcuni casi di trasformare completamente il volto (ad esempio da donna a demone). È per questo che la testa è la parte più espressiva di un burattino! Quelle di uso più comune sono 45 e vengono classificate in base al sesso, l’età, la classe sociale, i ruoli e le personalità rappresentate, tra cui:

  • keisei, una cortigiana di alto rango, sensuale, colta e coraggiosa;
  • yokanbei, un uomo poco raccomandabile;
  • waka otoko, un giovane affascinante.
Marionetta Sanbaso del Bunraku
Testa del burattino “Sanbaso”. Foto: Shinobo, Public domain, via Wikimedia Commons

La costruzione della testa non è semplice come si potrebbe pensare: creare un’espressione facciale che riesca a far trasparire i vari stati d’animo è uno degli aspetti più difficili nella creazione di un burattino. Per le teste dei burattini femminili, per esempio, si predilige un’espressione triste, dato che si trovano spesso in situazioni che recano loro sofferenza anziché gioia.

Testa di un burattino maschile di Bunraku, con i propri meccanismi, Hiart, CC0, via Wikimedia Commons

Un’altra particolarità è data dalle parrucche, non interscambiabili da una testa all’altra, create con capelli veri e con più di cinquanta tipi di acconciature.

Le mani

Anche le mani rivestono un ruolo importante nella definizione dei vari personaggi: ne esistono 9 stili classici, classificati in base al colore, e 24 più particolari, per creare effetti scenici. Alcuni burattini sono costruiti in modo tale da poter muovere le dita delle mani attraverso l’uso di un bastoncino; in questo modo i burattinai riusciranno a rappresentare in maniera più realistica azioni come la danza o l’utilizzo di una spada.

I burattini femminili

I burattini femminili sono più piccoli e più leggeri di quelli maschili, e non hanno né mani né piedi. Secondo le autorità giapponesi questa mancanza dona in realtà un certo fascino al personaggio femminile e non è nemmeno così irrealistica come si potrebbe pensare, dato che i kimono più antichi coprivano quasi del tutto i piedi delle donne.

Le gestualità del Bunraku

La gestualità del bunraku riprende quella del kabuki e ha un ruolo fondamentale per dar vita ai burattini. Esistono due tipologie di gesti:

  • furi: la riproduzione stilizzata di tutti i movimenti che un essere umano può eseguire;
  • kata: i gesti simbolici ed espressivi, come l’ushiroburi (“voltarsi all’indietro”) del personaggio femminile.

Ecco alcuni dei movimenti usati dai burattinai:

  • Quando un burattino femminile fa un passo avanti posiziona prima il piede destro, mentre quello maschile il piede sinistro.
  • Per porre una domanda il burattino fa un passo avanti e per esprimere un rifiuto indietreggia.
  • Per asciugarsi le lacrime, il burattino femminile muove la testa mentre quello maschile muove le mani.
  • Quando un burattino punta la mano al cielo vuol dire che sta chiamando un altro personaggio e quando volta la testa ripetutamente a destra e a sinistra sta esprimendo paura.
  • Il burattino femminile entra in scena con un’andatura molto lenta e poi accelera man man il passo.
  • Quando due burattini si incontrano, quello di grado inferiore fa silenziosamente un inchino.
Una rappresentazione contemporanea del tradizionale teatro di burattini, Dunphasizer from United Kingdom, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

Il bunraku differisce da altre tipologie di teatro perché mette realisticamente in scena una serie di azioni che gli attori non sarebbero mai in grado di eseguire, come la decapitazione di un personaggio, il seppuku e la mutazione di una donna nello spirito di una volpe.

Inizialmente sia i burattini che i loro costumi erano costruiti direttamente dai burattinai, ma via via che il bunraku progredì apparvero anche i primi artigiani e costumisti teatrali.

I burattinai del Bunraku

Nel XVII secolo i burattini venivano manovrati da un solo artista, ma dal 1734 è stato introdotto l’uso di tre manovratori per un solo burattino.

Un aspirante burattinaio iniziava a studiare tra i 6 e i 10 anni per apprendere le capacità necessarie e una buona tecnica di manovrazione. Per eseguire i ruoli principali doveva affrontare un duro apprendistato della durata di trent’anni: dieci per imparare i movimenti dei piedi, dieci per quelli del braccio sinistro, e dieci anni per la testa e il braccio destro. In seguito si specializzava in ruoli maschili o femminili. A causa di questi lunghi anni di pratica, spesso i burattinai avevano le dita, le unghie e i palmi delle mani completamente sfigurati, i quali erano però anche segno d’impegno e bravura.

Marionetta femminile manovrata in uno spettacolo di Bunraku
I burattinai manovrano un personaggio femminile durante uno spettacolo. Foto: Leo Rodman, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

Per i ruoli minori vengono utilizzati burattini più semplici e più piccoli, chiamati tsume, che richiedono un solo manovratore, mentre per quelli principali ne sono necessari tre:

  1. omozukai: il manovratore principale che si occupa del busto, della testa e del braccio destro del burattino.
  2. hidarizukai: muove il braccio sinistro attraverso un bastoncino lungo circa 38 cm attaccato al gomito del burattino. Si occupa anche di prendere gli oggetti di scena che verranno utilizzati dal burattino.
  3. ashizukai: muove le gambe e i piedi dei personaggi maschili e ne simula la presenza in quelli femminili. Inoltre riproduce il suono dei passi del burattino battendo i propri piedi sulle assi del pavimento.

Forse vi starete chiedendo come sia possibile concentrarsi sulla rappresentazione dell’opera quando sono visibili così personaggi sul palcoscenico. Non sarà un po’ troppo confusionario?

Non preoccupatevi, riuscirete subito ad abituarvi anche grazie ai costumi di scena! I burattinai sono vestiti in modo tale da coprire tutto il corpo. L’omozukai indossa l’antico abito cerimoniale dei samurai e i butai geta (zoccoli in legno), con i quali si trova in una posizione sopraelevata rispetto agli altri manovratori. Inoltre è l’unico con il volto scoperto, mentre lo hidarizukai e l’ashizukai coprono il volto con un cappuccio e indossano dei semplici abiti neri. Infine, tutti indossano dei guanti (originariamente bianchi per lo omozukai e neri per lo hidarizukaii e lo ashizukai) per nascondere gli avanbracci.

Il declamatore e il musicista di shamisen

Altri protagonisti del bunraku sono il declamatore e il musicista di shamisen, i quali creano l’atmosfera dell’opera, il cui testo viene per metà parlato e per metà cantato. Il declamatore, chiamato tayu, narra la storia dei burattini e dà voce ai loro pensieri e sentimenti, utilizzando diverse intonazioni e differenziando i personaggi maschili da quelli femminili.

La declamazione ricorda le tecniche dei canti Buddhisti e si basa su tre elementi essenziali:

  • kotoba: il semplice “parlato” che viene usato per monologhi, dialoghi e parti narrative;
  • jiai: il ritmo e la modulazione che si ricavano con l’alternanza di toni forti e deboli, lunghi e corti, alti e bassi;
  • fushi: basato sulla melodia e sul ritmo.
Musicista di shamisen e declamatore del Bunraku
Un declamatore e un musicista di shamisen durante uno spettacolo. Foto: Rdsmith4, CC BY-SA 2.5, via Wikimedia Commons

Per potersi esibire il declamatore deve attendere le note dello shamisen. Il ruolo del musicista è di marcare le espressioni del declamatore, regolare il tempo dei gesti dei burattini e fornire effetti sonori, come il suono del vento o della pioggia. Riuscireste mai a immaginare uno spettacolo di bunraku senza questa particolare atmosfera?

Se inizialmente queste figure erano nascoste al pubblico, dal XVIII secolo vennero collocati su una piattaforma al lato destro del palcoscenico. Entrambi indossano gli abiti tradizionali e, mentre il declamatore può seguire lo scritto dell’opera, il musicista deve basarsi unicamente sulla memoria. Inoltre, il declamatore è seduto sui talloni, con gli alluci piegati sotto i piedi: una posizione che gli consente di coinvolgere tutto il corpo nella declamazione e di usare appieno l’energia della voce.

Le opere teatrali più famose del Bunraku

Tra le opere teatrali più famose possiamo ricordare:

  • Kanadehon Chushingura 仮名手本忠臣蔵 (Chushingura: Il tesoro dei fedeli servitori): è un racconto storico di lealtà e vendetta che si basa sulla crociata dei famosi 47 ronin per vendicare la morte del loro ex padrone. L’opera fu scritta da Chikamatsu Monzaemon e poi adattata da Takeda Izumo II, e andò in scena per la prima volta nel 1748 al Takemoto-za.
  • Sonezaki Shinjū 曾根崎心中 (Gli amanti suicidi di Sonezaki): capolavoro scritto da Chiakamatsu nel 1703, parla di un doppio suicidio d’amore accaduto davvero poco prima della stesura del testo. L’opera divenne talmente famosa che salvò il Takemoto-za dalla bancarotta, ma ispirò anche centinaia di giovani a replicarne l’atto finale, spingendo il governo a rendere illegali le opere teatrali sui suicidi amorosi.
  • Kokusen’ya Kassen 国性爺合戦 (Le battaglie di Coxinga): scritta nel 1715, è l’opera più popolare di Chikamatsu e quella che andò in scena per 17 mesi di seguito ad Osaka. La storia narra di Coxinga, una figura storica sino-giapponese che cercò di ripristinare la dinastia cinese Ming.

Dove guardare uno spettacolo di Bunraku

Per vedere uno spettacolo di bunraku potete recarvi al National Bunraku Theatre di Osaka e al National Theatre di Tokyo.

National Bunraku Theatre ad Osaka
National Bunraku Theatre a Osaka. Foto: Mc681, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Se siete alle prime armi e non avete mai visto una rappresentazione di joruri, vi consiglio di recarvi al National Bunraku Theatre nel mese di giugno e seguire uno dei loro spettacoli in cui vengono fornite spiegazioni per poter seguire meglio la storia. Potreste anche leggere in anticipo il programma dell’opera e lo Yukahonshu, ovvero il testo della narrazione che viene venduto a teatro, oppure affittare delle cuffie per ascoltare la traduzione in inglese. A gennaio, aprile, luglio, agosto e novembre potrete invece assistere alle produzioni più famose.

  • Indirizzo del National Bunraku Theatre: 1-12-10 Nippon-bashi, Chuo-ku, Osaka 542-0073
  • Sito: ntj.jac.go.jp

Al National Theatre di Tokyo, invece, è possibile assistere a spettacoli semplificati nel mese di dicembre, mentre le opere principali vengono generalmente messe in scena a febbraio, maggio, settembre e dicembre.

  • Indirizzo del National Theatre: 4-1 Hayabusa-cho, Chiyoda-ku, Tokyo 102-8656
  • Sito: ntj.jac.go.jp

Per acquistare i biglietti è possibile prenotarli online, chiamare al 0570-07-9900 o al 03-3230-3000, oppure recarsi alla biglietteria di entrambi i teatri, aperti durante gli spettacoli.

Dove guardare il Bunraku online

Ai seguenti siti potete guardare alcune scene delle opere più famose, video introduttivi o anche spettacoli interi:

  • National Theater Online
  • Bunraku Puppet Theater Facebook Page
  • Mellow In Japan Youtube channel
  • Awajiningyoza

Il teatro giapponese delle marionette esclude qualsiasi forma di improvvisazione: verrete rapiti dalla totale coordinazione ed armonia con cui si esprimono i burattinai, il declamatore e il musicista, oltre che dal realismo delle splendide marionette. Concentratevi sull’elemento che più vi ispira e vedrete che riuscirete ad immergervi completamente nell’atmosfera del bunraku!

Irene Burricco

Irene Burricco

Italiana di nascita, giapponese nel cuore. Ho studiato lingua e letteratura giapponese all’Orientale di Napoli e da allora mi sono appassionata sempre più di questa cultura. Nel 2016 ho visitato per la prima volta il Giappone ed è stata l’esperienza più bella della mia vita. Amo la letteratura giapponese, assaporare té, scoprire nuovi luoghi e scattare foto. Spero che vi piacerà il mio sguardo sul Giappone :)

2 Commenti

  • Avatar Nicoletta ha detto:

    Grazie per questo articolo molto dettagliato e piacevole sul Bunraku. Scrivo questo commento per allargare un poco il discorso.

    Frequento da anni l’Awa Ningyō Jōruri, quello fatto da gente comune ma estremamente professionale, che pur di mantenere viva la tradizione del Jōruri e passarla alle generazioni future passa serate a provare e mattine nelle scuole. Questa gente non è solo ad Awaji-jima, come si dice nel post, ma anche in altre zone della regione di Tokushima. Soprattutto, il Jōruri non è inteso oggi come un passatempo o un impegno saltuario ma come un’eredità culturale molto seria e impegnativa.

    Spesso Bunraku e Jōruri sono usati come termini intercambiabili ma questo è vero solo in parte.
    In particolare, nella regione di Tokushima, dove il Jōruri è vivo anche nella sua forma più antica (spettacoli nei sonbutai cioè stage rurali), si parla di Jōruri e non di Bunraku per ragioni storico-geografiche profonde.

    Volevo invece chiedere una cosa: Lei parla di Bunraku, nato a Kyōto alla fine del sedicesimo secolo, però il termine bunraku venne coniato dopo la fondazione del Bunraku-za, scuola che nasce sulle ceneri del Jōruri. Direi che a quel tempo il Jōruri uscì dall’ambiente itinerante per spostarsi in teatro ma non era ciò che chiamiamo Bunraku. Forse Lei voleva intendere con Bunraku , la forma di Jōruri che porterà al Bunraku secoli dopo?

    • Avatar Voyapon ha detto:

      Grazie mille Nicoletta per aver apprezzato il nostro articolo e per il tuo interessante contributo!
      Questo voleva essere un articolo introduttivo sul Bunraku per un pubblico generale, quindi è possibile che alcuni dettagli siano stati semplificati o non approfonditi a un livello esperto.
      Comunque giriamo volentieri le tue osservazioni all’autrice dell’articolo.

Rispondi