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C’è una fenice che sta rinascendo all’ombra di Osaka, ma bisogna guardare con attenzione per accorgersene. Si rialza lentamente, con passo deciso, dalle ceneri di una tragedia avvenuta quasi trent’anni fa. Nelle prime ore del 17 gennaio 1995, il Grande Terremoto di Hanshin scosse la regione per pochi, lunghissimi secondi, devastando la città portuale di Kobe. Migliaia di vite spezzate, centinaia di migliaia di edifici rasi al suolo in un soffio. Oggi, però, quella fenice si leva di nuovo.

Kobe è sempre stata il fanalino di coda quando si parla di Osaka e Kyoto. E dire che il Giappone del dopoguerra si è costruito proprio sul suo porto, un tempo il più trafficato al mondo. Prima ancora, il quartiere internazionale ne faceva una piccola Manhattan, punteggiata di edifici art déco. Agli occhi di molti, però, Kobe pareva carente del fascino millenario di Kyoto e della vita notturna sfrenata di Osaka. Il terremoto del ’95 ne azzerò l’economia; solo il 3 % degli immobili era assicurato, e per innumerevoli aziende fu un colpo quasi letale. Un centro urbano meno tenace avrebbe ceduto, relegandosi a ruolo di comparsa.

Negli anni, invece, Kobe ha saputo reinventarsi in silenzio, valorizzando i propri punti di forza e riaffiorando più solida di prima. Oggi resta sottovalutata come meta turistica, ma chi decide di visitarla scopre un tesoro che pochi, al di fuori dei suoi abitanti, conoscono davvero.

La città si regge su tre pilastri: l’impronta cosmopolita, la vivacità delle scene artistiche e musicali e l’innovazione nell’architettura e nell’edilizia. Ciascuno di questi aspetti racconta un’identità distintiva che Kobe sta rilanciando con orgoglio, distinguendosi dal resto del Paese.

Kobe, crocevia di culture

Che Kobe sia una delle città più multiculturali del Giappone non è frutto del caso. Alla fine del periodo Edo, quando il nuovo governo Meiji decise di aprire il Paese al mondo, vennero creati quartieri per residenti stranieri nei porti di Kobe e Yokohama. Architetti occidentali progettarono abitazioni e palazzi confortevoli per i nuovi residenti, ma le tecniche costruttive e i materiali rimasero giapponesi. Ne nacque un affascinante mix: edifici dal gusto europeo eretti con legno, piastrelle e maestria locali; un connubio raro da ammirare in interi quartieri del Giappone.

Il fascino che Kobe esercitava per gli stranieri crebbe a tal punto che la comunità internazionale superò presto i confini del primo insediamento e si spinse sulle colline di Kitano, un’area all’epoca poco interessante per i pescatori locali perché lontana dal mare. Con il tempo nacquero micro-quartieri caratterizzati da culture diverse: comunità ebraiche, cinesi, islamiche e molte altre. Se in Paesi come gli Stati Uniti la varietà etnica è quasi scontata, in Giappone la maggior parte delle città è considerata culturalmente omogenea; ecco perché Kobe spicca nel panorama urbano del Paese. La cosa più sorprendente è la pacifica convivenza di culture e religioni diverse. A Kobe, la sinagoga si trova a poche centinaia di metri dal Muslim Quarter, dove sorge la moschea più antica del Giappone.

Kobe, cuore dell’arte e della musica contemporanea in Giappone

La scena musicale di Kobe affonda le radici nei ruggenti anni ’20, quando musicisti di ogni parte del mondo arrivavano in nave per esibirsi in Giappone. Tra tutti i generi, fu il jazz a conquistare la città: il suo spirito creativo e improvvisato calzava a pennello con l’atmosfera cosmopolita di Kobe, tanto da renderla la culla del jazz nipponico, superando perfino la capitale culturale, Tokyo. Ancora oggi, quasi ogni sera potete assistere a esibizioni dal vivo nei club cittadini, fra cui il leggendario Sone, dove gli appassionati di jazz si danno appuntamento da decenni.

La vocazione artistica di Kobe è più recente, ma tutt’altro che casuale. Molti creativi da tutto il Giappone l’hanno scelta per l’impronta internazionale e la mentalità aperta. L’acclamato designer Teruhiro Yanagihara ha collocato qui il suo spazio ibrido VAGUE KOBE: galleria e laboratorio ricavati nell’ex succursale della Chartered Bank, un edificio art déco degli anni ’30 sopravvissuto ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e al terremoto del 1995. Yanagihara ha scelto Kobe sia per il collegamento fisico tra Honshu e la sua natìa Shikoku (tramite l’isola di Awaji e i suoi ponti), sia per l’apertura verso l’arte contemporanea, che ha già attirato architetti di primo piano. Tra questi, Tadao Ando, autore di numerosi edifici in città, e Frank Gehry, che ha regalato al lungomare la scultura monumentale Fish Dance.

  • Sone


    night club
  • 1 Chome-24-10 Nakayamatedori, Chuo Ward, Kobe, Hyogo 650-0004, Japan
  • VAGUE KOBE


    art gallery
  • Japan, 〒650-0024 Hyogo, Kobe, Chuo Ward, Kaigandori, 9-2 4F

Kobe, laboratorio di architettura innovativa

L’architettura cittadina è sempre stata plasmata da molte influenze, ma trent’anni fa un evento ne cambiò radicalmente il volto. Il 17 gennaio 1995, il Grande Terremoto di Hanshin scosse Kobe per appena dieci secondi: crollarono oltre 400.000 edifici, più di 6.400 persone persero la vita e il porto, un tempo vitale per l’economia nazionale, non recuperò mai del tutto la sua centralità.

Da allora, Kobe è diventata un modello di resilienza. È nato il Disaster Reduction and Human Renovation Institution (DRI), un centro che educa residenti e visitatori a prepararsi ai terremoti; per un paese come il Giappone, che si trova sulla “cintura di fuoco”, non è questione di se, ma di quando. Le lezioni del 1995 hanno portato a norme sismiche più severe in tutto il Giappone: oggi, scosse anche più forti di quella di Hanshin provocano danni molto minori grazie a tecniche costruttive sempre più avanzate.

Eppure, mentre guarda al futuro per difendersi dai terremoti, il Giappone trae ispirazione anche dal passato. Da oltre mille anni, infatti, il Paese realizza edifici in legno tra i più robusti al mondo, spesso senza usare chiodi. A poca distanza da Kobe sorge l’imponente Castello di Himeji, che da quattro secoli resiste a catastrofi naturali e persino a una bomba durante la Seconda guerra mondiale (fortunosamente inesplosa): una prova tangibile della longevità dell’ingegneria tradizionale giapponese.

Attrezzi da carpentiere al Takenaka Carpentry Tools Museum di Kobe

Il Takenaka Carpentry Tools Museum, a pochi passi dalla stazione di Shin-Kobe, custodisce e tramanda il sapere legato all’ingegnosità delle tecniche costruttive tradizionali giapponesi. Visitandolo, potrete cogliere il parallelismo tra l’evoluzione degli utensili da falegnameria e il raffinarsi dell’architettura nipponica nel corso dei secoli, comprendendo così l’abilità straordinaria che si cela dietro templi, santuari e castelli. Perfino l’edificio del museo è stato realizzato mettendo in pratica i migliori esempi di queste tecniche e materiali.

Come sfruttare al meglio la vostra visita a Kobe

Molti turisti si limitano a un’escursione in giornata da Osaka o Kyoto: magari assaggiano il sake della storica zona di Nadagogo, che lo produce da oltre sette secoli, passeggiano in una delle più grandi Chinatown del Giappone o cercano un ristorante dove provare il celebre manzo di Kobe (tranquilli, se ne trovano ovunque).

Kobe, però, merita più di qualche ora. È una città da percorrere a piedi, da toccare con mano, sfiorandone i palazzi storici e respirandone l’atmosfera. Qui la vita notturna è meno frenetica di quella di Osaka, ma decisamente più vivace rispetto a Kyoto.

Come le città vicine, Kobe è servita dalla linea ad alta velocità Shinkansen presso la stazione di Shin-Kobe. Se disponete di un Japan Rail Pass, raggiungerla non vi costerà nulla in più; in alternativa, potete affidarvi alle linee ferroviarie locali, più economiche, che collegano Osaka e Kyoto a Kobe.

  • Kobe


    locality
  • Kobe, Hyogo, Japan

Prendetevi quindi un giorno (o, meglio, due) dal vostro itinerario tra Osaka e Kyoto e dedicatelo a questa città. Non ve ne pentirete: Kobe è la storia di un outsider capace di risorgere da un passato tragico e trasformarsi in simbolo del futuro del Giappone.

Tradotto da Anna Toccoli

Todd Fong

Todd Fong

Fotografo e storyteller. Nato a Oaktown (Oakland, California), vivo a Tokyo. Di recente ho pubblicato il mio libro fotografico "Sheila Kimono Style" (Tokai Educational, 2018). Scrivo e fotografo come freelance per Voyapon, 365 Japan e PeraPeraPera.net

https://www.toddfong.com

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