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Nel distretto di Higashiyama, la zona orientale di Kyoto, vi è un edificio colmo di cultura e antico di quasi 800 anni che passa inosservato a numerosi viaggiatori. Esternamente appare semplice e privo di fronzoli, eppure ciò che custodisce al suo interno mi ha completamente sbalordita, tanto da rimanere uno dei ricordi di viaggio a cui sono più affezionata.

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Si tratta del Sanjusangendo: un tempio della scuola del Buddhismo Tendai, famoso per le sue mille e una statua di Kannon, il Bodhisattva della misericordia.

Giardino tipico giapponese situato all'esterno del Sanjusangendo, a Kyoto

L’interno del tempio è considerato sacro ed è assolutamente vietato scattare foto (ormai saprete che i giapponesi rispettano fortemente le regole). Per cui perché accontentarsi delle immagini che si trovano online (e che vedrete anche in questo articolo), invece di ammirare tale splendore direttamente con i vostri occhi? Magari la struttura esterna non vi sembrerà particolarmente affascinante, ma fidatevi di me: una volta varcato l’ingresso si rivelerà qualcosa di incredibile e mai visto prima!

Il Sanjusangendo come emblema di Kannon

Il nome originario di questo antico tempio è Rengeō-in (蓮華王院, “Salone del Re del Fior di Loto”), ma in seguito è stato soprannominato Sanjusangendo per via delle sue caratteristiche architettoniche. Divenuto sempre più popolare col passare del tempo, ormai è indicato con questo termine anche sulle mappe e guide turistiche.

Sanjūsangendō ( 三十三間堂 ) significa “Sala con 33 intervalli” (三十三: trentatré; 間: intervallo; 堂: sala) e simboleggia la sala principale, costruita su una serie di pilastri intervallati da 33 spazi. Nel Giappone tradizionale, per misurare le dimensioni di un edificio, si usava contare il numero di intervalli che intercorrono tra le colonne che vi fanno da supporto. Grazie ai suoi 120 metri di  lunghezza, il Sanjusangendo è oggi la struttura in legno più lunga del Paese.

Esterno del Sanjusangendo a Kyoto
Foto da 663highland, Wikipedia

Ma come mai è stato scelto proprio questo numero? Non è stata sicuramente una casualità: secondo il Buddhismo, il 33 è un numero sacro. In Giappone, infatti, si crede che il Bodhisattva Kannon prometta di salvare tutti gli esseri senzienti apparendo in 33 forme differenti.

Il Sanjusangendo è, quindi, l’emblema dell’importanza di Kannon. Al centro della sala principale si trova un’enorme statua che la raffigura con mille braccia e undici teste, fiancheggiata da cinquecento statue a dimensione umana sulla sinistra e altre cinquecento sulla destra. Immaginate di passeggiare per questo salone e veder scorrere i numerosi volti di Kannon, il delicato profumo di incenso nell’aria, il silenzio interrotto solamente dal suono dei vostri passi, l’antichità, l’arte e l’elemento sacro a circondarvi. Non è uno spettacolo sensazionale?

Facciamo un passo indietro: la storia del tempio Sanjusangendo

La fondazione del Sanjusangendo risale al lontano 1164 ad opera di Go-Shirakawa (all’epoca settantasettesimo imperatore del Giappone) con l’aiuto finanziario di Taira no Kiyomori (leader militare del periodo Heian). Go-Shirakawa non è stato solamente un fedele devoto del bodhisattva Kannon, ma anche un personaggio fiducioso di poter riportare la pace nel Paese attraverso la diffusione della fede buddhista. 

Vecchia foto d'epoca del Sanjusangendo a Kyoto
Foto da Wikipedia

È risaputo che, in terra nipponica, essendo costruiti primariamente in legno molti edifici sono facilmente soggetti alle fiamme. Anche il Rengeō-in è andato incontro a questo destino e nel 1249 l’edificio principale è stato completamente raso al suolo da un incendio.
L’imperatore Go-Saga (allora sovrano) ordinò che l’edificio venisse ricostruito nello stesso stile di quello originario, senza apportare alcuna modifica. La ricostruzione terminò nel 1266 e la struttura che vediamo oggi risale proprio a questa data. Nel corso dei secoli, sono stati effettuati solamente quattro ulteriori interventi di restaurazione.

Kesho Yaneura: lo stile di costruzione

Il Rengeō-in è stato costruito secondo uno stile di costruzione tradizionale noto come keshō yaneura (化粧屋根裏) e risalente al periodo Nara (710-794). Yaneura significa “sottotetto” e lo scopo di questa tecnica è di rendere visibile la parte inferiore del tetto. Passeggiate per il corridoio principale e alzate lo sguardo verso l’alto: vi sembrerà di essere proprio in un un solaio! In origine l’interno della sala era splendidamente decorato con una moltitudine di disegni (come nuvole e fiori) dai colori brillanti, ma quello che si vede oggi è il colore naturale del legno.

Foto in bianco e nero delle mille statue del Sanjusangendo a Kyoto
Foto da Wikipedia, Japanese Temples and their Treasures (The Shimbi Shoin 1915)
Japanese woman calling a friend on a land line: もしもし

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Il Bodhisattva Kannon e le sue mille (e una) raffigurazioni 

Il centro del Sanjusangendo accoglie un’enorme statua di Jūichimen Senju Kannon (十一面千手観音 – Kannon con undici facce e mille braccia). Kannon è rappresentata in posizione seduta con undici facce e venti paia di braccia, le quali in realtà ne simboleggiano mille poiché ognuna salva venticinque mondi. La statua misura in altezza circa 3,3 metri ed è stata realizzata durante la ricostruzione del tempio dal famoso scultore Tankei (uno dei più importanti del periodo Kamakura, XII-XIV secolo), in cipresso giapponese.

Scultura della Juichimen Senju Kannon al Sanjusangendo
Foto da Bamse, Wikipedia

Tankei utilizzò una tecnica denominata Yosegi zukuri (寄木造): unendo molteplici blocchi di legno cavi, si inizia a intagliare una figura di base rudimentale. Successivamente si procede con un intaglio più dettagliato della superficie del corpo e, infine, la statua viene dipinta e ricoperta da foglie d’oro. Oggi la statua di Kannon è parte dei Tesori Nazionali del Giappone.

Ciò che arricchisce ancor di più questo tempio è che Kannon è fiancheggiata da altre mille statue che la raffigurano in posizione eretta. Collocate ad entrambi i lati di quella principale, sono allineate in modo simmetrico in dieci righe e cinquanta colonne: una precisione veramente incredibile!

Ricordate l’incendio del 1249? Fortunatamente 156 statue vennero salvate e tutt’oggi sono esposte nel Sanjusangendo, mentre le rimanenti 844 statue sono state costruite nel XIII secolo. La loro realizzazione, completata in circa sedici anni, vide l’impegno di oltre 70 scultori sotto la supervisione del maestro Tankei. Tutte le statue sono simili tra loro per dimensione e aspetto, ma con uno sguardo più ravvicinato potrete notare che ognuna presenta dei tratti del viso unici.

Foto d'epoca delle statue di Kannon al Sanjusangendo
Foto da Wikipedia

Questa moltitudine di statue del Bodhisattva Kannon crea nel visitatore un profondo senso di intimità con esso. Difatti, è credenza comune che tra le varie raffigurazioni sia possibile scorgere il volto della persona che più amiamo. Lo avreste mai detto?

Non solo Kannon: Raijin, Fujin e le Divinità dei Guardiani 

Dietro la figura principale di Kannon si possono ammirare altre due statue in legno: Raijin (雷神 – Dio del Tuono e dei Fulmini) e Fujin (風神 – Dio del Vento), importanti figure della mitologia giapponese. Le loro origini risalgono al senso di gratitudine e paura che le popolazioni antiche provavano nei confronti della natura: si credeva, infatti, che Raijin e Fujin controllassero gli andamenti della pioggia e del vento, aiutando così a ottenere dei buoni raccolti per il sostentamento della popolazione.

Anche le statue di Raijin e Fujin sono considerate dei capolavori del periodo Kamakura. Se avete visitato il Sensoji (浅草寺) di Asakusa a Tokyo, inoltre, sicuramente ricorderete di averle viste proteggere il Kaminarimon (雷門 – la Porta del Tuono), situato al suo ingresso.

Davanti alla prima fila delle statue di Kannon si trovano anche ventotto statue in legno che rappresentano le divinità dei guardiani, protettori del Bodhisattva. Sono posizionate in modo equidistante tra loro, lungo tutto il percorso che attraversa il salone. Figure mistiche natie dell’antica India, ognuna presenta caratteristiche uniche ed espressioni realistiche del viso.

Sono divinità o spiriti della bellezza, forza, prosperità, intelletto e molto altro, che proteggono i fedeli dalle difficoltà e li salvano dai pericoli. Non preoccupatevi se avrete difficoltà a distinguerli: ognuno presenta una targa con indicato il proprio nome e una descrizione in inglese dell’elemento che simboleggiano.

Tra i miei preferiti ci sono sicuramente Kinnara (緊那羅 – divinità della musica), Karura (迦楼羅 – una figura alata con  la testa di uccello, intenta a suonare il flauto) e Naraen kengo (那羅延堅固 – divinità della forza fisica che difende i fedeli dal male).

Lo Ōmato Taikai e lo Yanagi no Okaji

Se vi capita di visitare Kyoto durante la metà di gennaio, sappiate che è il periodo perfetto per recarvi al Sanjusangendo. Nella domenica più vicina al 15 gennaio, infatti, si celebra lo Ōmato Taikai (大的大会 ): il festival di tiro con l’arco. Si racconta che, durante l’epoca Edo (1603-1868), un samurai di nome Asaoka Heibei scoccò 51 frecce in successione per tutta la lunghezza della sala del tempio: da quest’evento nacque, così, il Toshiya Matsuri, oggi tramutato nello Ōmato Taikai. Altre testimonianze affermano invece che il festival abbia origini ancora più antiche e che risalga al periodo Momoyama (1573-1603).

Stampa ukiyo-e raffigurante il Toshiya Matsuri
Il Toshiya Matsuri al Sanjusangendo in una stampa ukiyo-e dell’epoca Edo – foto da Wikipedia

In questo giorno circa duemila ragazze ventenni si radunano al Sanjusangendo per celebrare il loro ingresso nell’età adulta (in Giappone avviene a 20 anni), indossando gli abiti tradizionali dai colori più allegri. È un festival talmente rinomato che le famiglie giungono al Rengeō-in da tutto il Giappone, programmando il loro viaggio con largo anticipo.

La prova di tiro con l’arco si svolge sul terreno ad ovest dell’edificio principale e consiste nel tirare due frecce verso un bersaglio posizionato a circa 60 metri di distanza.

Il festival si celebra anche nello stesso giorno del rituale Buddhista Yanagi no Okaji (柳枝のお加持 – Rito  del salice): i credenti vengono cosparsi di acqua purificatoria sulla nuca, tramite un ramoscello di salice sacro che si crede aiuti a guarire e a prevenire le emicranie.

Come arrivare

Per raggiungere il Sanjusangendo prendete gli autobus n° 100, 206 o 208 dalla stazione di Kyoto: in circa 10 minuti arriverete alla fermata Hakubutsukan Sanjusangendo-mae (博物館三十三間堂前), situata a 5 minuti a piedi dal tempio. In alternativa, è possibile arrivare a piedi dalla stazione di Kyoto in circa 20 minuti, oppure dalla stazione Shichijo (七条駅), sulla Keihan Line, in circa 5 minuti.

Orari: 8:00 – 17:00 (dal 1° Aprile al 15 Novembre)
9:00 – 16:00 (dal 16 Novembre al 31 Marzo)
L’ingresso termina 30 minuti prima dell’orario di chiusura. 
Chiusura: nessun giorno di chiusura
Entrata: 600 yen
Indirizzo: Giappone, 〒605-0941 Kyōto Prefecture, Kyōto, Higashiyama Ward, 三十三間 堂廻り 657
Tel. +81 75-561-0467
Sito ufficiale

Ho scoperto il Sanjusangendo durante i miei studi universitari, sul libro di storia dell’arte e dell’architettura giapponese, e dopo esserci stata sono convinta che sia uno di quei luoghi da visitare almeno una volta nella vita. Vi consiglio di programmare la vostra visita durante una mattina soleggiata, subito dopo l’orario di apertura. Così facendo potrete scorgere la luce del sole che filtra dalle finestre e brilla sull’oro brunito delle mille (e una) statue di Kannon.

Irene Burricco

Irene Burricco

Italiana di nascita, giapponese nel cuore. Ho studiato lingua e letteratura giapponese all’Orientale di Napoli e da allora mi sono appassionata sempre più di questa cultura. Nel 2016 ho visitato per la prima volta il Giappone ed è stata l’esperienza più bella della mia vita. Amo la letteratura giapponese, assaporare té, scoprire nuovi luoghi e scattare foto. Spero che vi piacerà il mio sguardo sul Giappone :)

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